Il DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 maggio 1988, n. 203 “Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualita' dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183” (pubblicato sulla GU n.140 del 16-6-1988 - Suppl. Ordinario n. 53 ), entrato in vigore il giorno 1-7-1988 e poi abrogato dal Dlgs 152 del 4 aprile 2006, sottoponeva le imprese che intendevano realizzare un impianto industriale o avviare un'attività produttiva, dalle quali originasse inquinamento atmosferico, all'obbligo di ottenere una preventiva autorizzazione.
L’ “Inquinamento atmosferico” era definito come : “ogni modificazione della normale composizione o stato fisico dell'aria atmosferica, dovuta alla presenza nella stessa di uno o piu' sostanze in quantita' e con caratteristiche tali da alterare le normali condizioni ambientali e di salubrita' dell'aria; da costituire pericolo ovvero pregiudizio diretto o indiretto per la salute dell'uomo; da compromettere le attivita' ricreative e gli altri usi legittimi dell'ambiente; alterare le risorse biologiche e gli ecosistemi ed i beni materiali pubblici e privati.”
La disciplina "autorizzatoria" si incentrava sulla nozione di impianto industriale, il quale era definito come lo stabilimento (costituito da uno o più impianti fissi) che poteva provocare inquinamento atmosferico (significativo) (art. 2, n. 9, D.P.R. n. 203/1988) .
In merito alla nozione di "impianto" su cui si incentrava la disciplina del D.P.R. n. 203/1988, la giurisprudenza di legittimità, nel delimitare il campo di applicazione del decreto, aveva precisato che lo stesso non poteva trovare applicazione quando le emissioni inquinanti non fossero prodotte da un impianto "fisso" (Cass. Pen., Sez. III, 23 ottobre 2002, n. 42924, Lo russo, in C.E.D. Cass. n. 223033).
L'autorizzazione, pertanto, era rilasciata all'impianto, con un unico provvedimento il quale recava la specificazione delle varie sorgenti inquinanti, sia puntiformi che diffuse.
Successivamente venne emanato il Decreto 21 luglio 1989 della Presidenza del Consiglio dei Ministri “Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni, ai sensi dell'articolo 9 della legge 8 luglio 1986, n. 349, per l'attuazione e l'interpretazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, recante norme in materia di qualità dell'aria relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto da impianti industriali” (pubblicato sulla G.U. 24 luglio 1989 n. 171)
Esso modificava la nozione di “impianto” definendolo come "l'insieme delle linee produttive finalizzate ad una specifica produzione", dalla quale potevano presentarsi uno o più punti di emissione .
Esso introdusse inoltre alcune esenzioni dall’obbligo di autorizzazione di cui al DPR 203 del 1988, disponendo testualmente nei propri punti 25 e 26 che:
“25) Entro il 30 aprile 1990, con decreto emanato ai sensi dell'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 sono determinate le attività i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo ai sensi dell'art. 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 203.
26) Le imprese indicate nel precedente punto poiché producono emissioni inquinanti non solo al di sotto dei valori minimi previsti nelle linee guida emanate ai sensi dell'art. 3, comma 2, del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, ma anche scarsamente rilevanti ai sensi dell'art. 2, comma 1, del citato decreto, non sono soggette ad autorizzazione.”
L' obbligo di autorizzazione venne inoltre escluso anche per gli impianti installati solo per esigenze di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro (sfiati e ricambi d'aria) e ciò non soltanto per quelli nuovi ma anche per quelli già esistenti, in quanto "il danno dell'inquinamento atmosferico, indipendentemente da qualsiasi soglia quantitativa, è bilanciato dal vantaggio del disinquinamento degli ambienti di lavoro" (Cass. Pen., Sez. III, 30 gennaio 2003, n. 15171, Betti, in C.E.D. Cass. n. 224459).
In applicazione dei punti 25 e 26 del DPCM del 1989 venne emanato il
Decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana 27 luglio 1991, n. 175) Modifiche dell'atto di indirizzo e coordinamento in materia di emissioni poco significative e di attività a ridotto inquinamento atmosferico, emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 luglio 1989.
Esso conteneva nel proprio Allegato 1 l’Elenco delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo, cioè di quelle attività le cui emissioni in atmosfera non richiedevano alcuna specifica autorizzazione appunto perché considerate “poco significative”.
Allegato 1 Elenco delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo,
“1. Pulizia a secco di tessuti e pellami, escluse pellicce, pulitintolavanderie: per tali impianti la condizione necessaria per essere inclusi nel presente elenco è il ciclo chiuso.
2. Lavorazioni meccaniche in genere con esclusione di attività di verniciatura, trattamento superficiale dei metalli e smerigliature.
3. Rosticceria e friggitoria.
4. Attività estetica, sanitaria e di servizio e cura della persona.
5. Laboratorio odontotecnici.
6. Laboratorio orafi senza fusione di metalli.
7. Decorazione di piastrelle ceramiche senza procedimento di cottura.
8. Officine meccaniche di riparazioni veicoli (carburatoristi, elettrauto e simili).
9. Le seguenti lavorazioni tessili:
preparazione, filatura, tessitura trama, catena o maglia di fibre naturali artificiali e sintetiche con eccezione dell'operazione di testurizzazione delle fibre sintetiche e del bruciapelo;
nobilitazione di fibre, filati, tessuti di ogni tipo e natura distinta nelle fasi di purga, lavaggio, candeggio (ad eccezione dei candeggi effettuati con sostanze in grado di liberare cloro e/o suoi composti), tintura, finissaggio a condizione che siano rispettate le seguenti condizioni:
a) le operazioni in bagno acquoso vengano condotte a temperatura inferiore alla temperatura di ebollizione del bagno medesimo:
b) le operazioni di bagno acquoso vengano condotte alla temperatura di ebollizione ma senza utilizzazione di acidi, alcali o altri prodotti organici ed inorganici volatili;
c) le operazioni in bagno acquoso vengano condotte alla temperatura di ebollizione in macchinari chiusi;
d) le operazioni di asciugamento o essiccazione e i trattamenti con vapore espanso o a bassa pressione vengano condotti a temperatura inferiore a 150 °C e che nell'ultimo bagno acquoso applicato alla merce non siano stati utilizzati acidi, alcali o altri prodotti organici od inorganici volatili.
10. Cucine, ristorazione collettiva e mense.
11. Panetteria, pasticceria ed affini con non più di 300 kg di farina al giorno.
12. Stabulari acclusi a laboratori di ricerca e di analisi.
13. Serre.
14. Stirerie.
15. Laboratori fotografici.
16. Autorimesse.
17. Autolavaggi.
18. Silos per materiali da costruzione ad esclusione di quelli asserviti agli impianti di produzione industriale.
19. Officine ed altri laboratori annessi a scuole.
20. Eliografia.
21. Impianti termici o caldaie inseriti in un ciclo produttivo o comunque con un consumo di combustibile annuo utilizzato per più del 50% in un ciclo produttivo. La potenza termica di ciascuna unità deve essere inferiore a 3 MW se funzionanti a metano o GPL, e 1 MW per il gasolio e a 0,3 MW se funzionanti ad olio combustibile, con contenuto di zolfo non superiore all'1% in peso.
22. Stoccaggio e movimentazione di prodotti petrolchimici ed idrocarburi naturali estratti da giacimento, stoccati e movimentati a ciclo chiuso o protetti da gas inerte.
23. Sfiati e ricambi d'aria esclusivamente adibiti alla protezione e sicurezza degli ambienti di lavoro.
24. Impianti trattamento acque.
15. Impianti termici connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti petroliferi con una potenzialità termica minore di 5 MW se funzionanti a metano o GPL e 2,5 MW se funzionanti a gasolio, per meno di 2200 ore annue.
26. Gruppi elettrogeni e di cogenerazione con potenza termica inferiore a 3 MW se alimentati a metano o GPL e potenza termica inferiore a 1 MW se alimentati a benzina o gasolio.
27. Concerie e pelliccerie con impianti dotati di macchinari a ciclo chiuso.
28. Seconde lavorazioni del vetro ad esclusione di quelle comportanti operazioni di acidatura e satinatura.
29. Produzione di vetro con forni elettrici a volta fredda”
L'elencazione tassativa delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo elencate nell'Allegato 1 (per le quali era esclusa l'autorizzazione) e di quelle a ridotto inquinamento atmosferico (assoggettate ad un regime autorizzatorio più blando), è stata più volte ribadita dalla giurisprudenza di legittimità (cfr., ex multis: Cass. Pen., Sez. III, 13 dicembre 2000, n. 5920, Gullotta P., in C.E.D. Cass. n. 218698; Cass. Pen., Sez. III, 4 ottobre 2002, n. 40557, Stramazzo, in C.E.D. Cass. n. 222702).
Si veda da ultimo CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/05/2010 (Ud. 14/04/2010), Sentenza n. 18774:
“Occorre sempre un specifico provvedimento regionale o delle altre autorità indicate dall'art. 17 dei DPR n. 203/1988 che o autorizzi in via generale l'esercizio delle attività a ridotto inquinamento atmosferico, individuandole specificamente, ovvero predisponga procedure specifiche di autorizzazione con modelli semplificati, altrimenti trovano sempre applicazione le sanzioni di cui al DPR n. 203/1988. Ed, infatti, la possibilità di esercitare l'attività senza chiedere l'autorizzazione è concessa dal DPR 25.7.1991 sono per gli impianti con emissioni poco significative.
Pertanto, sono assoggettate alla normativa generale di autorizzazione o di controllo le attività a ridotto inquinamento atmosferico elencate nell'allegato 2 del D.P.R. 25 luglio 1991, n. 175, mentre ne sono esenti solo quelle i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo, elencate nell'allegato 1 del medesimo D.P.R.. (Cass. sez. III, 2006 n.3963, Di Sarno; conf. Cass. sez. III, 20.12.2002 n. 3880, Cardillo; Cass. sez. III, 4.10.2002 n. 40557, Stramazzo).”
Le autorizzazioni, nell’ambito del DPR 203/88, erano per la gran parte “definitive”, cioè non soggette a rinnovo.
Ciò valeva ovviamente anche per le comunicazione di esenzione dal campo di applicazione previste dai decreti applicativi del DPR 203/88.
Successivamente, in data 27 marzo 2002, è entrato in vigore il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002 “Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini dell'inquinamento atmosferico, nonche' delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione” (Pubblicato su G.U. n. 60 del 12-3-2002).
Esso nel proprio Art. 2.Definizioni, definiva, tra l’altro:
d) potenza termica nominale dell'impianto di combustione: prodotto del potere calorifico inferiore del combustibile utilizzato e della portata di combustibile bruciato al singolo focolare dell'impianto di combustione, cosi' come dichiarata dal costruttore, espressa in Watt termici o suoi multipli. Per focolare si intende la parte di un impianto termico nella quale brucia il combustibile. Ogni focolare costituisce un'unita' termica. Ai soli fini della definizione dei valori limite di emissione e dell'applicabilita' dell'art. 2, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991, la potenza termica nominale da considerare e' la somma delle potenze termiche nominali dei singoli focolari, salvo diverse valutazioni dell'autorita' competente al rilascio dell'autorizzazione.”