LE DEFINIZIONI
Il dlgs n.152 del 2006 e s.m. , definisce:
“acque reflue domestiche”(lett.g): acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
“i) ‘acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie,anche separate, e provenienti da agglomerato”.
La nozione di acque reflue urbane è sostanzialmente fedele all’omologa contenuta nella Direttiva CEE/CEEA/CE n° 271 del 21/05/1991 concernente il trattamento delle acque reflue urbane. , come recepita dal Dlgs 152 del 1999, che le definisce nel modo seguente: « Acque reflue urbane »: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, acque reflue industriali e/o acque meteoriche di dilavamento. Il legislatore nazionale si è limitato a precisare che tali acque: 1) devono essere convogliate in reti fognarie (anche separate) e 2) devono provenire da agglomerato.
La lett. n) del medesimo art.74 definisce “agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento (in una fognatura dinamica) delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
Rispetto al testo originario il Dlgs 4/2008 ha eliminato dalla nozione di agglomerato la necessità del convogliamento “in una fognatura dinamica”.
Il previgente Dlgs 152 del 1999, art., lett. m) definiva "agglomerato": area in cui la popolazione, ovvero le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile, e cioè tecnicamente ed economicamente realizzabile anche in rapporto ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale;.
Nel testo previgente la possibilità del convogliamento era esplicitata in termini di realizzabilità tecnica ed anche economica, anche in rapporto ai benefici ambientali conseguibili mentre il nuovo testo parla di ammissibilità di carattere tecnico ed economico.
L’ammissibilità implica necessariamente un giudizio da parte di una autorità competente. Davvero oscuro il riferimento a tale ammissibilità.
“h) ‘acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”.
Rispetto al testo originario del Dlgs 152 del 2006, che le definiva:
“qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;”,.
Possiamo osservare che il testo riformato fa riferimento, più correttamente ad acque “scaricate” e non “provenienti” da edifici od “impianti” (sostituendo la parola “installazioni”).
Inoltre il nuovo testo che connota le acque reflue industriali come “diverse dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento”, non utilizza più ai fini di tale distinzione il criterio qualitativo (“differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento”).
La nozione oggi vigente è dunque assai simile a quella di cui all’abrogato Dlgs 152 del 1999, che definiva: "acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”.
Questo ritorno al passato, che ha determinato l’abrogazione del criterio qualitativo, non risulta apprezzabile, in quanto tale criterio (sussidiario rispetto a quello dell’origine e della provenienza) è tuttora utilizzato dalla giurisprudenza di legittimità.
Assai apprezzabile è invece l’eliminazione, nel nuovo testo , dell’inciso , riferito alle acque meteoriche di dilavamento “intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;”.
Si trattava infatti di una nozione di “acque meteoriche di dilavamento”, (mal) collocata all’interno della nozione di “acque reflue industriali”.
La disciplina delle “acque meteoriche di dilavamento” di cui all’art.113[1] doveva quindi essere letta ed interpretata alla luce del combinato disposto degli articoli 6 e 113[2].
“acque termali”: le acque minerali naturali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a) della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per le finalità consentite dalla stessa legge (lett.k).
La cit. legge reca “Riordino del settore termale”. Precedentemente la disciplina delle acque termali non era ricompresa nel Dlgs 152 del 1999, mentre il T.U. vi dedica l’art. 102.
“applicazione al terreno”: l’apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione, interramento (di cui alla lett.m)
è parzialmente diversa da quella del decreto del 1999, che definiva:
“n) "applicazione al terreno": l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento sulla superficie del terreno, iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con gli strati superficiali del terreno;”.
Diversa è anche la nozione di
“utilizzazione agronomica”: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all’applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all’utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute (lett.n).
La omologa definizione del decreto del 1999 definiva:
n-bis) "utilizzazione agronomica": la gestione di effluenti di allevamento, di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive ovvero di acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari, dalla loro produzione all'applicazione al terreno
di cui alla lettera n), finalizzata all'utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo”.
v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;
Tale nozione riproduce quella del 1999, con la sola aggiunta dei “reflui provenienti da attività di piscicoltura”.
aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
Tale nozione, rispetto al 1999, ha subìto dei cambiamenti che ne hanno esteso il campo di applicazione, infatti nel testo previgente il riferimento ai “fanghi” era limitato ai soli “ fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.”
Tale limitazione non compare più nel nuovo testo.
La nozione previgente definiva infatti:
u) "fertilizzante": fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, 748, ai fini del presente decreto è fertilizzante qualsiasi sostanza contenente, uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione; sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di cui alla lettera v);.
“dd) ‘rete fognaria’: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane.”
Tale nozione è stata modificata rispetto al testo originario del Dlgs 152/2006 :
dd) rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee, per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale;
In particolare il termine “canalizzazioni,” è stato correttamente sostituito con “condotte”, ed è stato eliminato il riferimento al convogliamento delle acque reflue domestiche e industriali.
La nozione oggi vigente è identica a quella del decreto del 1999[3].
ee) “fognatura separata”: la rete fognaria costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia.
La lett. aa-bis del decreto 152/99 definiva:
aa-bis) "fognature separate": la rete fognaria costituita da due condotte, una che canalizza le sole acque meteoriche di dilavamento e può essere dotata di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia, l'altra che canalizza le altre acque reflue unitamente alle eventuali acque di prima pioggia.
Modificata, rispetto al 1999, anche la nozione di cui alla
lett. gg) “stabilimento industriale”o “stabilimento”: tutta l’area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l’utilizzazione delle sostanze di cui all’Allegato 8 alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
Il decreto 152/99 definiva:
gg) "stabilimento industriale" o, semplicemente, "stabilimento": qualsiasi stabilimento nel quale si svolgono attività commerciali o industriali che comportano la produzione, la trasformazione ovvero l'utilizzazione delle sostanze di cui alla tabella 3 dell'allegato 5 ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico.
Rispetto al testo previgente la nuova nozione fa riferimento non già a “qualsiasi stabilimento” bensì a “tutta l’area sottoposta al controllo di un unico gestore”.
“oo) valore limite di emissione: limite di accettabilita' di una
sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure in massa per unita' di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa per unita' di tempo; i valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall’impianto, senza tener conto dell’eventuale diluizione; l’effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell’ambiente.”.
Alla nozione sopra riportata è stato aggiunto, dal Dlgs 4/2008, il seguente periodo:
“ i valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall’impianto, senza tener conto dell’eventuale diluizione; l’effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell’impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell’ambiente nel suo insieme e di non portare carichi inquinanti maggiori nell’ambiente.”.
Tale nuova disposizione modifica la regola generale di cui all’art. 101, comma 3, in base alla quale
tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati, devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo per gli scarichi di sostanze pericolose, va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
In verità la ragione della modifica della definizione in esame va individuata nell’abrogazione, ad opera del Dlgs 4/2008, della lettera qq) del comma secondo dell’art. 74, che conteneva una disposizione omologa che, insistendo sulla medesima materia della lettera oo) del primo comma, non aveva ragione di essere separata da questa:
“qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente”
[1] ARTICOLO 113 ACQUE METEORICHE DI DILAVAMENTO E ACQUE DI PRIMA PIOGGIA
- Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni, previo parere del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, disciplinano e attuano:
- a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
- b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l’eventuale autorizzazione.
- Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.
- Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.
- È comunque vietato lo scarico o l’immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.
[2] Per un approfondimento sulle acque meteoriche vedi oltre.
[3] Vedi art.2, lett.aa) del decreto 152 del 1999.